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Podere Orto, una Parolina di cui mi ricordo e dei vini da scoprire

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Avevo un bicchiere di vino rosso in mano, il secondo assaggio della presentazione romana di Vini da scoprire, libro che dovete subito andare a comprare firmato da tre top player come Armando Castagno, Giampaolo Gravina e Fabio Rizzari, quando mi estraneo dalla sala e torno indietro nel tempo di almeno tre anni.

Sarà stata la parola Trevinano ma la mente ha cominciato a viaggiare sicura fino a La Parolina, ristorante del cuore per tanti motivi, ad un messaggio dello chef Romano Gordini e un bottiglione con qualche scritta a pennarello che non ricordo. Le diavolerie con cui giochiamo tutto il giorno mi permettono di ricostruire i fatti con incredibile precisione temporale. Gli smartphone non dimenticano:

“Ciao Antonio, è un po’ che non ci si vede. Vieni a trovarci ho qualche vino della zona da farti assaggiare e vorrei un tuo parere; nuove cantine emergenti, una proprio a Trevinano”. Romano Gordini, 03/12/2013 ore 8.05
“Carissimo, ti scrivo dalla Francia. Sono qui per qualche giorno di degustazioni. Sei molto gentile, il tuo invito è davvero gradito. Spero di poter venire presto a trovarvi. Intanto un saluto, poi ci sentiamo per organizzare”. Il sottoscritto, stesso giorno, ore 8.17

Alla fine sono andato a pranzo a La Parolina il 16 Febbraio 2014. Ricordo bene che era una domenica e non ho bisogno di guardare il telefono per dire che ho mangiato divinamente, scoprendo per giunta la patata di Pietralunga. Ma non divaghiamo, di questo tubero meraviglioso e del purè più buono della mia vita parlerò un’altra volta.

Iside e Romano sono speciali. Meritano tutto il successo che hanno e il triplo della felicità che sono capaci di dare agli altri. Prima di andare via, chiacchieriamo un po’ delle nuove cantine della zona e mi allungano un grosso bottiglione di vino bianco confezionato alla meno peggio. “Sono amici e hanno un bel progetto; sentilo e dimmi che ne pensi”.

La sindrome dell’assaggiatore stanco, la grandezza del flacone e la mia vita ingarbugliata hanno fatto passare qualche settimana ma poi quel vino è finito nel bicchiere. Un bianco carico, opalescente, evidentemente artigiano ma di grande personalità. Un bianco che mi ha colpito subito e che non ho dimenticato; potrei riconoscerlo ancora oggi.

Non so se ho dato il mio feedback a Iside e Romano ma in caso lo faccio ora, con colpevole ritardo.

Dirò di più, per i curiosi casi della vita ho finalmente conosciuto i produttori e il vino rosso che stavo assaggiando durante la presentazione del libro è opera loro. Il mio cervello nasconde ma evidentemente non ruba.

Oggi quel progetto embrionale è una cantina vera. Si chiama Podere Orto, a  Trevinano, terra di marca tra Lazio, Umbria e Toscana, a due passi dalle terme di San Casciano e dalla riserva naturale del monte Rufeno.

Posto più bello per cambiare vita non si può, naturale che Giulio Salesi e Simona De Vecchis se ne siano innamorati ed abbiano deciso di metterci radici. Loro e le vigne, piantate fino a seicento metri d’altezza, su terreni di sabbia, limo e calcare, con uno strato di quarzite e sassi in superficie. Le uve parlano la lingua del luogo: ciliegiolo e sangiovese, soprattutto. Allevate con metodi biodinamici.

Il bianco che bevvi, a mia domanda, è stato definito “Il mischione”. Da vigna mista, cercando di ingentilire la cosa. Co-platation, direbbe Marcell Deiss in Alsace.

Oggi pare che la cantina produca due bianchi, tra cui uno scintillante moscato secco, e il rosso di cui parlavo all’inizio. Sangiovese e quota di ciliegiolo che non avevo decifrato, se devo essere sincero. Vino cui va data la possibilità di stiracchiarsi nel bicchiere e poi schioccante, con durezze di montagna e i lasciti di un’annata come la 2014. Molto terragno, dal tannino diffuso e scalpitante quanto saporito, ha poco senso senza un piatto vicino. Mi ha fatto pensare a un Terrano e alla rapa rossa, ma di questo vi chiedo di non tenere conto.

I curatori del libro lo consigliano con “gnocchi di patate con sugo di coda alla vaccinara” e io già sbavo. Che dite, Iside e Romano, facciamo una prova?

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