Non so se ci avete fatto caso ma con l’edizione 2021 la Michelin ha introdotto la Stella Verde, riconoscimento assegnato ai ristoranti particolarmente attenti alla sostenibilità.
Non una novità clamorosa. Sono molte le guide, a cominciare da quelle dei vini o la stessa World’s 50 Best, per restare al cibo, che hanno inserito valutazioni simili. Tuttavia, se si pensa al blasone della Michelin, all’immagine agée e alla sua (presunta) riluttanza al cambiamento, un fatto significativo. Ma che roba è la Stella Verde? Il consiglio è di andare a vedere direttamente alla fonte, ma anticipiamo che il decalogo è più o meno il solito. Si va dal rapporto diretto con fornitori “sostenibili” alla preoccupazione per la qualità della vita del proprio personale, dal basso impatto energetico alla riduzione dei rifiuti, fino alla promozione di generiche iniziative in campo ambientale.
Di getto. I temi ambientali sono importantissimi in ogni settore e tutte le iniziative di sensibilizzazione benvenute; ma è proprio l’enormità della materia a imporre risposte chiare, parametri di giudizio misurabili e dati certificati. La sensazione è che siamo ancora lontani da tutto questo e che la sostenibilità, nel nostro mondo, sia al momento trattata con la soggettività, nei peggiori dei casi l’approssimazione, con cui si giudica un piatto o un bicchiere di vino. E con tanta fiducia in quel che ci viene raccontato dagli interessati.
Tornando ai parametri con cui viene assegnata la Stella Verde, non posso che notare alcuni punti estremamente sfuggenti (iniziative creative in campo ambientale o collaborazione con la comunità locale), risibili (comunicazione e passione mostrate dallo chef e dal personale sull’argomento) o assai complicate da verificare (il benessere del personale, ad esempio: voglio dire, vengono forse controllati i contratti, gli orari di lavoro, la puntualità dei pagamenti e via dicendo?).
Mi fermo qui, auspicando una riflessione seria sull’argomento, con dati certi riguardo la sostenibilità della ristorazione e un indirizzo chiaro circa le politiche da mettere in campo per migliorare le cose.
Pensieri scaturiti a margine di una bellissima cena al SanBrite di Cortina, Stella Michelin meritatissima e neo Stella Verde della super guida. Cercando di non contraddirmi e soffermandomi su alcuni dei requisiti per ottenere la Sustainability Green Star, direi che ci siamo. Di tutto il resto, ovviamente, non so.
Sto chiaramente alludendo al rapporto del ristorante con il territorio e i suoi fornitori, alla capacità di evocare un’idea di cultura culinaria locale attraverso piatti creativi, per certi versi agricoli, e a una specie di politica “attiva” del non spreco. Rigenerativa, come la chiamano loro.
Riguardo le materie prime utilizzate si va addirittura oltre, visto che il ristorante arriva temporalmente dopo l’azienda agricola e il caseificio di famiglia Il Piccolo Brite, da cui ovviamente la dispensa attinge a piene mani (c’è anche l’agriturismo in cui pranzare o fare merenda, a chiudere il cerchio). A noi di Tipicamente piace usare il termine rappresentazione territoriale per descrivere tutto questo e lo consideriamo uno dei temi più intriganti della ristorazione contemporanea.
Al SanBrite il concetto è portato ai massimi livelli e il burro prodotto in azienda da Flavio Gasparo, padre dello Chef Riccardo, ne è l’emblema assoluto. Qualcosa di magnifico, aereo e leggiadro, che trascende il semplice prodotto che conosciamo per intercettare qualcosa di nuovo, irresistibile quanto coerente e immersivo. Stagionale, per giunta, visto che cambia durante l’anno a seconda di quello che mangiano gli animali.
Ma è tutto il menù ad impressionare, sotto questo punto di vista, rendendo l’autodefinizione di cucina rigenerativa piuttosto credibile. Tra gli ingredienti che caratterizzano il menù Sentiero, quello che più identifica l’idea dello chef (12 portate tra piccole entrate, dessert e pre-dessert a 140 euro), primeggiano i sapori del bosco di montagna. Non a caso si comincia con l’herbarium, assaggio di bacche e piccoli frutti che si ritrovano qua e là nelle portate a venire (e che farebbe scappare a gambe levate l’Ispettore Palma, diciamolo): crespino, ginepro selvatico, cirmolo, mirtillo rosso, gemma di pino. Dal concetto alla sostanza il passo è però breve, grazie al già citato burro, allo splendido pane e ai salumi fatti in casa (spalla, pancetta e speck).
Signature è senza dubbio lo spaghetto al pino mugo, capace di traslare in un piatto di pasta l’aromaticità e l’essenza delle Dolomiti. E poi l’orzo con erborinato di capra dolce (non lo chiamate orzotto, pietà) o gli splendidi assoluti vegetali (cavolfiore, sedano rapa, scalogno e la deliziosa salad). A proposito di evocazione del caseificio di famiglia, non potrebbe essere più forte del pre-dessert in cui si è invitati a realizzare la propria ricotta. Chiudo con la piccola delusione (del tutto personale) del piatto di carne. Sarà che avrei preso la caccia al 100%, avessi scelto alla carta, ma a me il pollo non è andato giù. Buonissimo, niente da dire, ma una rappresentazione territoriale claudicante che la spiegazione non aiuta («Facendo un’indagine, abbiamo scoperto che nella zona di Cortina l’animale più cucinato è il pollo e così gli abbiamo dato un ruolo centrale nel nostro menù più importante». Ok, ma scommettiamo che avremmo lo stesso risultato in moltissimi posti del mondo?).
Pollo a parte, un menù che distilla i sapori del luogo in maniera magistrale, creativa, armoniosa ma affatto accomodante, e disegna un percorso di straordinaria e autentica rappresentazione territoriale. Che parte dai singoli ingredienti e si allarga, insieme allo sguardo, al piatto, alla sala, alla baita, ai prati, ai boschi e alle montagne.
Di seguito, le Stelle Verdi della guida Michelin Italia 2021 e 2022
Guida 2022
Ps Ristorante – Cerreto Guidi (FI)
Mater Terrae – Roma
Lerchner’s in Rungeen – San Lorenzo di Sebato
Antica Locanda Al Cervo – San Genesio Atesino (BZ)
Agritur El Mas – Moena (TN)
Osteria Enoteca Gambrinus – San Polo di Piave (TV)
Venissa – Venezia (VE)
SanBrite – Cortina d’Ampezzo (BL)
Le Trabe – Capaccio (SA)
Signum – Malfa Salina (ME)
Aminta Resort – Genazzano (RM)
La Cru – Romagnano (VR)
La Preséf – Mantello (SO)
Casamatta – Manduria (TA)
Terra – Sarentino (BZ)
1908 – Renon/Soprabolzano (BZ)
Fradis Minoris – Pula (CA)
Guida 2021
Gardenia – Caluso (TO)
Don Alfonso 1890 – Sant’Agata Due Golfi (NA)
Osteria Francescana – Modena (MO)
D’O – Cornaredo (MI)
Dattilo – Strongoli (KR)
Lazzaro 1915 – Pontelongo (PD)
Virtuoso Gourmet – San Piero a Sieve (FI)
Joia – Milano (MI);
l’Ciocio – Suvereto (LI);
Casa Format – Orbassano (TO);
Caffè La Crepa – Isola Dovarese (CR);
Lanterna Verde – Villa di Chiavenna (SO);
St. Hubertus – San Cassiano (BZ)