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Pillole di Wine Club #2: Orizzontale Fiano di Avellino 2002-2003

panoramica 2002

Secondo appuntamento per il Tipicamente Wine Club campano, incentrato sulla doppia orizzontale Fiano di Avellino 2002-2003, con una ventina di bottiglie da testare alla cieca nella nostra saletta preferita del Marennà di Sorbo Serpico.

Rispetto alla scorsa volta (qui il racconto della prima serata), le aspettative erano decisamente più elevate. A ragion veduta, considerando la prova di gruppo offerta dai vini protagonisti della retrospettiva, che ha in larga parte confermato le impressioni maturate nei vari riassaggi di questi dieci e più anni. Non c’è da stupirsi, insomma, se si possono pescare alcuni buoni-ottimi vini (e in qualche caso grandi) in due millesimi a dir poco “estremi” da un punto di vista meteorologico e viticolo. Per una significativa serie di motivi:

1) Ricordiamo un po’ tutti – non solo produttori ed enofili – la fredda e piovosissima estate del 2002, così come non possiamo dimenticare il clima “africano”, che ha dominato in tutta Europa da maggio a settembre 2003. E’ altrettanto vero, però, che gli effetti di annate “particolari” sono spesso imprevedibili in un territorio iper-super-mega frastagliato come quello irpino. A maggior ragione se parliamo di una varietà come il fiano, sempre più considerata trasversalmente tra le migliori al mondo per il suo profilo genetico, agronomico ed espressivo.

2) Se non fosse per la bassa produttività, la definizione di “varietà perfetta” calzerebbe quasi a pennello per il fiano. Come dicono in gergo agricoltori e vinificatori, «è un’uva che porti a casa praticamente sempre», a prescindere dall’andamento climatico. Nel senso che si ottengono livelli di maturazione più che sufficienti anche in vendemmie per molti versi antitetiche sul piano meteorologico. La sua buccia tenace, croccante, resistentissima, offre notevoli garanzie nelle annate più fresche, umide e tardive, così che un ottobre solare può spesso salvare, almeno in parte, perfino le stagioni più complicate (come la 2002, appunto). La stessa risorsa che riesce di converso a sfruttare, meglio della stragrande parte delle varietà italiche, nei millesimi più caldi e siccitosi: le raccolte si anticipano, le gradazioni zuccherine aumentano e le acidità di partenza calano sensibilmente, ma raramente entrano in cantina grappoli vistosamente dorati, sovramaturi o disidratati. E ciò che eventualmente si perde nella spina dorsale dei mosti, è spesso compensato da una solida spalla materico-sapida, che gli assicura un potenziale di longevità non necessariamente inferiore a quello di una grande vendemmia “classica”.

16. grappolo fiano 1

3) Spulciando i dati registrati dalle centraline meteorologiche provinciali, saltano immediatamente agli occhi alcuni numeri quantomeno inattesi per chi non ha modo di bazzicare abitualmente per le campagne irpine. Uno su tutti: avreste mai detto che la 2003 è stata nel totale più piovosa delle 2002? Ovviamente fu una distribuzione completamente diversa nei due millesimi, ma le abbondanti precipitazioni susseguitesi tra l’autunno del 2002 e tutta la primavera successiva spiegano in poche cifre perché il caldo e la siccità dell’estate 2003 crearono molti meno grattacapo che altrove, grazie alle ingenti riserve idriche accumulate.

4) A proposito di dati sorprendenti: scorrendo i dettagli delle singole giornate del 2003, si scopre che soltanto in cinque occasioni la colonnina di mercurio ha fatto registrare temperature massime superiori ai 35 gradi. Così come spiccano i valori relativi alle escursioni termiche nel bimestre precedente la raccolta, con un differenziale medio giorno-notte di poco inferiore ai 15 gradi (e punte oltre i 20 °C). I numeri presi da soli dicono poco nel racconto del vino, ma senz’altro aggiungono elementi di comprensione: se i fiano della famigerata annata africana sono così freschi, profumati, nervosi, la spiegazione va cercata anche in queste peculiarità del clima irpino.

5) Minuzie tecniche a parte, mi pare che siamo di fronte alla “prova regina” del potenziale evolutivo del Fiano di Avellino. Da due vendemmie così tiriamo fuori almeno una ventina di vini arrivati a valicare il decennio in perfetta forma ed integrità strutturale, e ne ragioniamo ormai come fosse un qualcosa di scontato. Ma sappiamo bene che fuori dall’Italia (e forse della Campania) sono ancora pochissimi i bevitori-operatori ad aver verificato di persona quanto andiamo scrivendo da anni. Io credo che sia solo questione di tempo, perché gli archivi delle varie aziende si stanno gradualmente riempiendo e non tarderà a consolidarsi la fama del Fiano irpino come grande bianco da terroir e invecchiamento, quantomeno a livello europeo. Trovare tanti vini di quel biennio in condizione così brillante è stata una vera gioia per me e gli altri compagni di tavola.

collage 2002

6) Proprio la tenuta è quel che mi ha colpito maggiormente nella batteria degli otto campioni del 2002. A parte un paio di bottiglie più evolute delle altre, mi aspettavo fino a un certo punto nasi così appuntiti e definiti: non complessi magari, ma decisamente coinvolgenti nella veste citrina e “fluviale”. Vini perdipiù non propriamente magri o slavati, come era lecito attendersi, ma dotati di stoffa ed energia, perfino polpa nei migliori. Tenuta Ponte (tipicamente affumicato e proporzionato), Cantina dei Monaci (allegro ma solido di frutto ed energia salina), Colli di Lapio (molto francese, quasi un Vouvray sec nel gioco tra dolcezza e linfa citrina) e Pietracupa (decisamente montano nello scheletro sapido e nel vigore aromatico) hanno messo d’accordo tutti come poker ideale del millesimo, ciascuno nella sua declinazione stilistica. Non siamo stati fortunati, purtroppo, con l’ultima bottiglia che mi era rimasta del Vigna della Congregazione di Villa Diamante, a lungo assurto a simbolo della vendemmia 2002 in Irpinia. Fu per molti versi il vino che fece innamorare tanti appassionati, non solo campani, del lavoro portato avanti alle Toppole di Montefredane da Antoine Gaita, Diamante Renna e famiglia. E’ stata comunque una bella occasione per ricordare ancora una volta Antoine, scomparso nel gennaio del 2015: ci manca enormemente, ma – fuori da ogni retorica – resterà per sempre l’ispirazione fieramente artigianale che continua a vibrare a Villa Diamante (link).

collage 2003

7) Se i 2002 si fanno onore prima di tutto per la nitidezza e la misura, i migliori Fiano del 2003 dimostrano una volta di più di potersi sedere allo stesso tavolo dei più blasonati pari tipologia del Vecchio Mondo. Non mi viene in mente un altro territorio da Lisbona a Budapest, passando per Francia e Germania, che possa mettere insieme una batteria di bianchi fermi-secchi del 2003 di tale livello medio. Profili aromatici intensi e sfaccettati, agrumati e balsamici in prima battuta, ma ricchi di approfondimenti rocciosi e torbati. Abbinati a bocche fitte, consistenti e allo stesso tempo scalpitanti e scorrevoli, quasi salati in alcuni casi e continuamente in movimento nella scia finale, senza zavorre di sorta. Il Fiano “base” di Pietracupa è stato eletto praticamente all’unanimità come campione della serata: per quanto mi riguarda un bianco assoluto, teutonico fino al midollo per i rimpalli tra cedro, muschio e umori rocciosi, fantastico nella lunga progressione gustativa.
Ma poi ci sono almeno altri 3-4 vini di grande spessore espressivo: sarebbe divertente assaggiare il 2003 di Guido Marsella in mezzo a certi Chenin del Saumurois (propoli, battigia, anice stellato; ampio, largo, ma di fibra solida), così come sono convinto che dovremmo salire molto verso nord per scovare un “fratello” espressivo del Fiano di Tenuta Ponte. Senz’altro convincenti anche quelli dei fratelli Urciuolo (il base, la selezione Faliesi all’epoca ancora non esisteva), Colli di Lapio, il Cupo di Pietracupa, Cantina dei Monaci: qualche limite qua e là di espansione e nerbo, ma forza e riconoscibilità territoriale non mancano di certo. Peccato solo per il tca che ha inficiato l’assaggio del Radici Fiano 2003 di Mastroberardino, vino splendido che ho bevuto e ribevuto (ne comprai 18 bottiglie e 3 magnum all’uscita), e resta per me il miglior bianco italiano della sua annata, stivale e isole comprese.

03-16novembre

Il trittico di retrospettive-orizzontali irpine si chiude col prossimo appuntamento del Tipicamente Wine Club, fissato per Lunedì 16 Novembre con la doppia panoramica di Taurasi 2000-2001. Qui il calendario completo delle degustazioni: link.

% Commenti (1)

La cosa che mi ha sbalordito è che nelle bocce 2002 la nitidezza gusto-olfattiva era precisa nonostante i limiti di un millesimo piovoso nei momenti importanti dell’anno che si concretizzava poi in vini non particolarmente strutturati, dove in alcuni la componente calorica spuntatava fuori dalle righe ma decisamente di simpatica fruibilità attuale, mentre per il millesimo 2003 ho trovato non poche difficoltà olfattive nei riconoscimenti delle famiglie mentre al palato i sorsi sono stati decisamente più compiti e compiuti dell’atteso.con picchi di eccellenza come da te evidenziato, non mi sono dispiaciti inoltre e comunque i base (non si facevano ancora cru allora) di Villa Raiano nei 2 millesimi degustati…

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