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Il vino? Parole parole parole…

Molti di voi se le possono risparmiare, ma per chi come me nel vino c’è immerso fino al collo (e guardate che in certi momenti questa non è mica una metafora!), deve per forza fare i conti con tutte le polemicucce di questo mondo e dei curiosi personaggi che gli ronzano attorno.

Ricchi premi e cotillons,  litigiosità a go go, invidia in dosi massicce, tentativi di scalpo e saccheggi, sciacallaggio in tutte le forme e misure.
Sarà che il vino e il cibo sono di moda (ancora?), che internet ha moltiplicato le piazze (virtuali) di espressione, confronto, scontro, dibattito; e che il livello di competenza di consumatori e appassionati è cresciuto fino a insidiare il ruolo dei cronisti (sempre più tronisti) “ufficiali”.
Prendete il fenomeno dei forum dove dietro uno pseudonimo, ma che dico nickname (fa più figo) si possono dire impunemente tutte le fesserie di questo mondo, spesso in modo volgare e violento (ma firmarsi con nome e cognome, no? E via, avere il coraggio delle proprie azioni almeno quando si parla di birra e salsicce…); o quello dei blog, grazie ai quali il primo cretino che capita (guardate il sottoscritto) può esprimere liberamente quello che gli passa per la testa e magari essere pure ascoltato.

Ma come detto il fenomeno è complesso e più che i mezzi riguarda il fine. Il celodurismo dilaga tra i critici, ognuno è convinto di aver capito tutto e conoscere il vino meglio di chiunque altro (certo anch’io, ovvio, ma nel mio caso è vero), però su un punto possiamo metterci d’accordo. E’ propriio necessario che tutti, ma proprio tutti ne parlino? Non bastava essere una nazione di commissari tecnici? Ogni cavolo di giornale e rivista deve avere per forza la sua rubrica su questa roba?
No perché spesso le cose che si leggono (non prendetela come presunzione) sono ridicole agli occhi di uno che abbia stappato almeno tre bottiglie e partecipato a un mezzo corso di degustazione della parrocchia di S. Crispino.
Esempio. L’ultimo articolo tragicomico l’ho visto sfogliando Vogue Uomo dal barbiere (ebbene si, neanche li sei più al sicuro). Una pagina di banali considerazioni sui vini italiani di costa titolato “Wine Exellence with a sea breeze”. Ma il meglio deve ancora venire perché dopo Maremma e Isola d’Elba, in un paese che praticamente è tutta una spiaggia, si sceglie di dedicare ampio spazio all’Irpinia, o meglio al Taurasi, come rappresentante massimo della categoria.
Ma dico, benedetti figlioli, almeno chiedete, informatevi santoiddio. Va bene che Avellino è a una trentina di chilometri dal mare ma ci siete mai stati, avete presente le montagne, le altitudini, la neve durante la vendemmia? Vi pare che quei rossi siano così buoni per effetto della sea breeze, riuscite solo a immaginare Salvatore Molettieri in costume da bagno?

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