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Montefalco Sagrantino 2002 | Annata bagnata, annata fortunata

Ricordo perfettamente l’estate 2002, anno in cui per pochi spiccioli comprai una vecchia Mini di seconda mano.

Una macchina in buone condizioni, a dire il vero, se non fosse stato per la cappotta decisamente malconcia. “Chissenefrega? – pensai- è estate e non sarà certo un problema”.
Le ultime parole famose che precedettero giorni e giorni di pioggia ininterrotta, capaci di affogare irrimediabilmente la fine di luglio e tutto il mese di agosto.
Proprio quell’estate, oltre a lavorare in una piccola enoteca in cui arrivavo puntualmente bagnato fradicio, mi ero messo in testa di realizzare un format televisivo che raccontasse da vicino le cantine umbre.  Sembrava una candid camera: ogni volta che partivo con l’operatore per andare in vigna si scatenava il finimondo. In tutta l’estate riuscimmo a fare solo una puntata, andata comunque in onda su Stream Verde, il canale agricoltura della piattaforma che ha preceduto Sky.
Sto divagando e torno subito a quella stagione, condita da temporali che per fortuna non si chiamavano ancora “bombe d’acqua”.  Anche se l’inizio autunno fu più clemente, da ogni dove arrivò il grido disperato dei vignaioli e la stampa dipinse immediatamente il 2002 come un vero e proprio annus horribilis.
Non siamo qui a fare i soliti revisionisti all’italiana: l’annata è stata quel che è stata, molti non hanno prodotto i lori vini più importanti e le bottiglie veramente grandi si contano sulle dita di una mano.
Qualche anno più tardi, quando cominciai ad assaggiare in maniera organica i Montefalco Sagrantino 2002, ebbi però una strana sensazione. Quei vini non mi sembravano affatto malvagi, almeno nelle loro migliori interpretazioni. Le prove seguenti hanno via via rafforzato quell’impressione.
In un piccolo magazine che all’epoca editava il Consorzio, ricordo di aver scritto di preferire quel millesimo agli eccessi del 2003, annata difficile per opposti motivi, davvero mal digerita da un rosso naturalmente esuberante come il Sagrantino.
Anche se è sbagliato semplificare, riducendo la faccenda ad un gioco di compartimenti stagno indipendenti, sembrava che le diluizioni di quell’annata sfortunata non avessero fatto così male ad un vino naturalmente tanto ricco e potente.
Ecco perché nelle settimane scorse ho raccolto con entusiasmo la proposta di Fabio Pracchia, amico e collega di lunga data, punto di riferimento nel progetto Slowine*, di realizzare una degustazione che indagasse proprio quei Sagrantino, a distanza di dodici anni dalla famigerata vendemmia.
Enologica35* è capitata a puntino e il focus ha dimostrato, forse oltre le aspettative, che quei ragionamenti non erano poi tanto sbagliati. I vini sono sembrati mediamente molto buoni, mai ammaccati o problematici anzi integri, giovanili, in perfetta forma. In più nessuno è parso eccessivo, ridondante, troppo materico o estrattivo, né tantomeno stonato sul piano tannico.
La degustazione in sintesi:
Moretti Omero – Montefalco Sagrantino 2002
Forse il vino più delicato dell’intera batteria. Quasi reticente all’inizio, ha mostrato con crescente convinzione un profilo floreale, condito da golose note di lamponi maturi. Bocca coerente, con un lieve accenno alcolcico al centro ma in sostanziale equilibrio. Non un mostro di complessità, forse, ma davvero un buonissimo vino. 87/100
Antonelli –  Montefalco Sagrantino 2002
La complessità arriva invece in questo bicchiere, dal naso inconfondibile di radici, cuoio, tabacco e cacao, a bilanciare un frutto ancora intenso e piuttosto integro. Vino paradigmatico, che avrebbe meritato un piatto importante, giusto per far compagnia ad un tannino ancora incisivo e serrato. 88/100
Milziade Antano – Montefalco Sagrantino 2002
Non il cru Colleallodole, dunque, ma il Sagrantino “annata” di una delle cantine più autentiche della denominazione. Una bottiglia che divide e che infatti ha diviso, simbolo di come possono andare le cose oggi fra diversi degustatori. Un accenno di brett nel corredo aromatico, un’inezia “animale” tutt’altro che dominante ha fatto storcere il naso a qualcuno. Amiche americane fresche di diploma WSET* hanno tuonato che il vino era da escludere dalla degustazione. Io sono su un’altera barricata, anche perché la bocca era a mio avviso clamorosa e anche i profumi, alla lunga, si sono fatti più nitidi. Punteggio variabile, da Non Giudicabile a 91 punti…
Tabarrini –   Montefalco Sagrantino Colle Grimaldesco 2002
Ultima annata di Giampaolo con un unico Sagrantino prodotto, prima della moltiplicazione delle etichette e l’arrivo dei diversi cru. Ricordo bene le discussioni dopo quella vendemmia e l’orgoglio del produttore per aver portato comunque grandi uve in cantina, frutto della solita raccolta “tardiva”. Il vino alla lunga lo ha ripagato (per le amiche del WSET il migliore della batteria).  Parte molto ridotto, a dire il vero, disturbato da sensazioni di cenere e pece, poi si apre meravigliosamente e cresce più di tutti nel bicchiere. Escono i mirtilli, la liquirizia e una clamorosa vena mentolata, di grande impatto balsamico. Anche questa bocca chiede il cibo, specie per un tannino non certo domo. 89/100
Scacciadiavoli – Montefalco Sagrantino 2002
Scacciadiavoli, che vanta una cantina storica strepitosa, come poche se ne vedono in Italia, ha visto rimodulare il suo progetto tecnico nel 2000. Dunque questa bottiglia è una delle prime dwl percorso che lo sta portando ai vertici della tipologia, almeno sul piano qualitativo. Un vino di stile sostanzialmente moderno, caratterizzato da note “dolci” e tostate, di caramella inglese e confettura di frutti di bosco; ben levigato al palato, rotondo, di piacevole e addomesticata trama tannica. 86/100
Arnaldo Caprai – Montefalco Sagrantino Collepiano 2002
Ricordavo fosse molto buono. Onestamente non così buono. Il second vin della casa diventa il protagonista assoluto di questo millesimo, visto che il 25 Anni non è stato prodotto. Un rosso davvero magnifico, tanto territoriale quando internazionale in termini di comprensibilità. Naso speziato di rara eleganza, richiami di cantina e straordinaria alternanza tra note di frutti di bosco, rossi e neri, e cenni balsamici. La bocca strabilia per la finissima texture, mai increspata dall’alcol o dal tannino. Un fuoriclasse per la tipologia. 92/100

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