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Di Meo | Il profumo dei bicchieri vuoti

É stata una lunga giornata per lui. E’ un po’ in ritardo ma non ha voluto cancellare il nostro appuntamento. Avevo colto al volo l’invito di Roberto Di Meo a visitare la sua cantina a Salza Irpina (Av), anche se con un filo di preoccupazione e un accenno d’ansia.

Beh, ogni tanto succede. Dopo tante degustazioni, a volte ci sono incontri che mi fanno sentire una rookie.. Un novellino insomma. Farò la cosa giusta? Roteerò il bicchiere correttamente? Ricorderò la terminologia in italiano?

Basta pensieri. Dopo un giro in vigna e in cantina col suo assistente, ecco l’incontro con Di Meo in persona; per di più in una bellissima casa di famiglia del XVIII secolo, perfettamente restaurata. I miei timori si sciolgono mentre chiacchieriamo e passeggiato da una stanza all’altra, “accompagnati” dalle grandi voci di artisti come Pavarotti e Bocelli. Devo dirlo: mi sento proprio a mio agio, pronta a parlare di vino.

Lui versa il primo. Vibrante e vivace, ecco la Coda di Volpe 2011. Macchina fotografica in mano, comincio a scattare alcune foto. Poi alzo il bicchiere verso la luce e attraverso quel liquido giallo paglierino vedo che lui già versa il suo vino nella sputacchiera. Accidenti, penso, sono troppo lenta! Strike One. Di Meo ha la bottiglia successiva pronta.

Avanti dunque: Fiano di Avellino 2011. Ancora una volta qualche foto, il mio bicchiere controluce, alcuni appunti, il naso che percepisce i primi profumi. E ancora una volta lui che versa il suo vino nella sputacchiera. Cacchio! Cosa faccio di sbagliato? Strike Two.

Continuiamo e io cerco di prendere un po’ di ritmo. Ecco il primo rosso. Aglianico 2008, un Campania Igt. Parliamo per un po’, ancora foto, appunti e il mio naso nel bicchiere. Guardo di nuovo Di Meo e ha già il bicchiere vuoto in mano. Però stavolta sento che mi guarda. Che guarda il rookie. Mi osserva in silenzio mentre contino la degustazione. Finito, verso anche io il vino nella sputacchiera. “Karen – mi fa – metti il naso nel bicchiere. Nel bicchiere vuoto, intendo”.

Seguo le istruzioni. D'un tratto tutto assume più senso. Intensi aromi di ciliegia, scuri e profondi, affatto  nascosti dall’alcool. Liberi di esprimersi, pronti per essere ascoltati.

La degustazione va avanti. Annuso il bicchiere vuoto del Taurasi Riserva 2004 e quello del Ratafià di Nonna Erminia, il suo after dinner drink fatto con aglianico di Taurasi.

Rifletto sui sei anni di invecchiamento in botte, la vasta gamma di erbe e la mia ultima scoperta. Lui sorride e dice che alla fine, malgrado il ritardo, il nostro incontro è andato bene. Propongo di aiutarlo a sistemare il tavolo. In fondo ci sono un sacco di bicchieri vuoti che aspettano solo di essere degustati…

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